Mi piace, quando passo
le mie ore con chi va male a scuola tradurre, sì – e ci mancherebbe – le frasi
di latino e le versioni, e chiedere a salti i verbi, fino all’infinito passivo
futuro, e spiegar la perifrastica passiva e l’ablativo assoluto, ma anche far
diventare veri, d’ossa e sangue, quei signori del passato che si sono fatti,
per i ragazzi, di sale e noia, conditi
da votacci e quattro e cinque che piovono dall’alto a farli diventare ancora
più antipatici. Mi piace, dicevo, dire, ad esempio, eccetera, e spiegare a
Giorgio e a Lucia che sto proprio parlando latino e che anche loro lo fanno,
senza saperlo, perché eccetera vuol dire e le altre cose, da et cetera… E se li
vedo che mi seguono al guinzaglio, aprendo le orecchie come a meraviglie, vado
oltre e racconto loro che Orazio, il grande Orazio, amico di Augusto e Mecenate,
era un tipo spiritoso, altroché Fiorello e Crozza! E passo a raccontar la
satira del “garrulus quidem”, un poeta da strapazzo, che lo incontra e non lo molla più, sulla via
Sacra. Il povero Orazio cerca di fuggire, invano. Lo scocciatore dietro: vuole essere presentato ad Augusto per essere, lui pure, pubblicato... Ridono, i miei ragazzi, e il latino sembra
spogliarsi delle vesti curiali e mettersi, col tovagliolo intorno al collo, a tavola con noi… Sapete, aggiungo, come
si diceva ciao in latino? E loro: “NO”. Così per salutarci, dopo le ore
trascorse insieme, io dico Vale e loro pure e buonanotte.
A quelli poi che vedo
con l’occhio lucido e curioso, racconto (e da qui, approfitto, per raccontarlo
anche a chi so io…) la differenza che c'è, secondo me, tra homo e vir che, a scuola, spiegano con
uomo ed eroe e che a me - lo ricordo pure ora - lasciava con un punto di domanda. Ma il vir, spiego io (e lo penso), è uomo del creato, uomo del fiume, che
partecipa del cosmo, della vis (che vuole dire, appunto, forza) e ne è consapevole fibra immacolata. E se c’è, sul
balconcino, tra i vasi, un bulbo che fiorisce, apro la finestra ed ecco il virgulto, dico, che è piccolo così e tanto indifeso e tenero e gentile eppure forte di una forza antica, la vis, la vita, la vita vera, che
tutti ci percorre. Tutt’attorno, l’humus, la terra, l’homo appunto, la parte di
noi che è terra e polvere e cenere del mercoledì appena trascorso…
Grazie Ester. Ti abbraccio da qui e ti dico Vale.
RispondiEliminaRita