Devo il mio nome – Ester - a
nonna Stella, che mi volle, al pari suo, figlia degli astri, i quali lumeggiano
nel firmamento, oggi come ieri; ohimè, si vedono poco, in città, coperti come
sono dalle luminarie umane che si dan la spocchia di esser chissà chi, mentre
son nulla o poco più al paragone di quelle luci eterne… Io, nel silenzio di
velluto del mio terrazzo sabino, che è solenne, ricamato dal mistero del
creato, a volte mi perdo tutta in loro e le piccole cose di quaggiù, in un
batter d’ala di farfalla, si fan nulla proprio in quel pulsar di diamante nel brivido dell’eterno…
Dunque fui Ester, tutta
quanta in danza, in quella erre che pare non finire mai, Ester in volo, tra le
stelle. E rido tra me al pensiero che se fossi nata maschio, mia madre aveva
già pronto per me il nome di Matteo, come l’evangelista della chiamata del
Caravaggio, che contava soldi e che lasciò tutto per seguir Gesù. Per me,
dunque, le stelle di mia nonna; per mia madre, che voleva tutti e quattro gli
evangelisti in famiglia (nei nomi primi o secondi dei fratelli), una scottatura. E ancora oggi il dito le
brucia ché neanche coi nipoti è riuscita a pareggiare il conto…
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