Fin dal pomeriggio e poi anche
di sera, ieri, me ne sono stata – io beata – a tu per tu con la grande bellezza,
che è per noi che siamo nati nello Stivale, a ogni angolo, nei crocicchi, qui e
lì e ovunque, se solo fossimo capaci di vederla. Ché lei è fata timida e
generosa insieme, pronta a regalare l’estasi a chi sa fermarsi nel fiume,
bagnandosi i piedi alla sua fonte e nulla a quanti (i più) passano distratti,
persi nelle cure del mondo che sono poca cosa a petto dell’eternità. Ma andiamo
con ordine e vi invito a far con me, una
delle Passeggiate Romane che, quando capita, regalo (ma con soddisfazione) ad
amici che vengono da mezzo mondo nella Città mia Eterna che amo. Eccomi dunque,
in compagnia di un’amica che insegna all’Università e con i suoi studenti, in
marcia, verso Piazza Sant’Ignazio che ad arrivarci pare di entrare nel Teatro
Olimpico, e poi verso San Luigi dei Francesi ad ammirare Caravaggio e Domenichino,
nelle sue magnifiche, per me, storie di Santa Cecilia. Ohimè, il giovedì
pomeriggio la chiesa dei francesi è chiusa e che si fa che cosa non si fa,
ricordo alla mia amica che c’è, a un tir di sasso, Sant’Agostino, con la sua
caravaggesca e stupenda Madonna dei Pellegrini. Detto fatto e siamo lì, con la
sapienza di un padre agostiniano, che ci regala perle della chiesa sua,
portandoci ad ammirare una cupola nascosta, dipinta dal Lanfranco, e altri
quadri che raccontano le storie di San’Agostino, nel silenzio della
Provvidenza. Grazie, grazie e ora salite con me sulla macchina del tempo, e un
balzo in avanti di tre ore e non vi dico certo che cosa ho fatto in quel
frattempo. Ma ora, si aprono per me e per altri le porte solenni, barocche,
damascate, in oro della Galleria Doria Pamphilj e via, in corsa, nella
quadreria che fu del papa Innocenzo X, un Pamphilj. E siccome il destino sa
giocare le sue carte, ho per Cicerone, una affascinante signora francese che
racconta Poussin e Guercino e Lotto e tutti gli altri con l’occhio dell’anima
aperto al cuore. Siamo nello studiolo della Quadreria dove sulla parete maestra
pende il ritratto del Papa di famiglia ritratto da Velasquez e, sulla destra,
un busto di lui fatto dal Berinini. E la nostra, che dice? Invece di parlare di
panneggi e stili, e di barocco e Controriforma, mostra a noi le mani del Papa: mani sudaticce, molli, di
quelle che paiono pesci e che uno non ama punto stringere… E poi il Bernini.
Che ce l’aveva su con Innocenzo per le magre committenze e che cosa fa per vendicarsi? Gli piazza, e ben poteva nasconderlo come in un photoshop del tempo, un
cicciolo di carne, un brufoletto di marmo sotto l’occhio destro. Tiè.
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