Questo link porta dritto dritto alla Fondazione Collodi che è un gran bel leggere e guardare...
Proprio
davanti al Foro d'Augusto, in un angoletto di Roma sparita, ma che
strizza l'occhio alla modernità, c'è una Chiesa intitolata ai Santi
Quirico e Giulitta i quali, per chi non lo sapesse, sono due martiri cristiani, due testimoni si potrebbe dire, mamma e figlioletto. Ma non è di martirologia e di santi che vorrei
parlare, Dio ne scampi! Vorrei piuttosto raccontar dei frati
francescani che abitano Chiesa e convento e che sono miei buoni
amici. Il motivo del legame nostro lo tengo per me, per amor di
riserbo, ma testimoniar di loro mi preme assai perché, in
quell'ovetto di francescana semplicità, ritrovo il respiro
della verità in questo mondo a zampe in su, che pare aver
messo le radici a seccare al sole come fossero bulbi di ginseng...
Si
affannano a far del bene ai poveretti, i miei fraticelli, e ognuno ha
l'anima sua e un cuore colorato, chi di blu, chi di verde, chi di
carminio. Frate Fausto, se fosse un colore, sarebbe un bell'indaco.
Alto, sempre con la sciarpa al collo, è maestro di organo e
gran buongustaio in fatto di libri. A volte, tra una faccenda e
l'altra, troviamo il tempo di incrociare gusti e pareri. A lui, e
anche a me, piace Collodi e non solo nell'opera maggiore che, come si
sa, è Pinocchio. Ci piacciono ad esempio anche i ricordi d'infanzia dello scrittore. In pochi sanno (cosa ben nota a Padre Fausto...), ad esempio, che in classe di Collodi il maestro li facva diventar Romani o Crtaginesi...
E poiché lui, Padre Fausto, insegnava a suonar l'organo
proprio al Conservatorio di Firenze, mi ha raccontato che un giorno – anni orsono, a scialare, in passato remoto – se ne andò in
pellegrinaggio a cercar le case e le vie dove aveva bazzicato e vissuto, più di un secolo prima,
il Carlo Lorenzini. E le trovò, e case e lapidi. Così un bel giorno, senza gatto né volpe, era lì, in
via dei Rondinelli, a pensare allo scrittore davanti al portone chiuso, immaginandolo andare e venire da buon cronista fiorentino, e, forse, a recitargli sottovoce un Deo gratias, quando dalla gran bocca del palazzo, eccoti uscir un fregolo di ometto, vecchio
quanto si può e con un'aria tremendamente affaccendata, che si potrebbe dir persino bisbetica. Il
nostro frate, sorridendo giocondo, gli disse: “In questa vostra
casa, signore mio, visse il Collodi...” E quello, con un occhio all'orologio da
taschino neanche fosse il coniglio bianco di Alice, fece: “E ora
c'abito io, che fa?” Quel Pinocchio, quel Mangiafoco...
viene da pensare che il bianconiglio non sapesse neppure di chi stesse parlando il tuo amico fraticello....:)
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